Psicoterapia di coppia, individuale e consulenze psicologiche
La Dottoressa Silvia Parisi, Psicologo Cuneo, Psicoterapeuta, sessuologa si è laureata presso la Facoltà di Psicologia di Torino nel 2003 e da allora esercita come libera professionista nei suoi studi privati di Torino e Cuneo e Novara. Si occupa di problemi di Ansia, Depressione, Attacchi di Panico, Terapia di Coppia, Disturbi Alimentari (Bulimia,Anoressia,ecc..), Problemi Sessuologici in quanto si è specializzata anche in Sessuologia Clinica presso il Centro Clinico Crocetta di Torino. Si occupa anche di Tecniche di Rilassamento e Body Scan che applica attraverso l'utilizzo della Mindfulness (consapevolezza) conosciuta anche come Teoria Cognitivista di Terza Generazione, in quanto si è specializzata nell'uso della Mindfulness presso il Centro Clinico Crocetta di Torino. Questa teoria è possibile applicarla anche per la cura di altri disturbi quali: Disturbi Alimentari, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbi d'Ansia, Attacchi di Panico, Disturbi dell'Umore, Dipendenze, ecc.. La Psicologa Cuneo Dr.ssa Silvia Parisi, si occupa anche di psicoterapia attraverso l'utilizzo dell'EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing).
Conduce varie rubriche radiofoniche su Radio Cuneo Nord. Partecipa come opinionista nella trasmissione televisiva "Cosa Succede in Città" il Lunedì mattina alle ore 7:30 su Primantenna.
Spesso i pazienti non hanno tantissimo tempo da dedicare ad un percorso di Psicoterapia ,un pò per impegni di lavoro e un pò perchè vorrebbero risolvere i loro problemi nel più breve tempo possibile, ecco perchè spesso la Dr.ssa Silvia Parisi Psicologa Cuneo, Psicoterapeuta, sessuologa applica la Terapia Breve , che fin da subito e in poche sedute dà la possibilità ai pazienti di trovare delle proprie risorse per poter stare meglio e constatare da subito dei miglioramenti sulla problematica che si affronta in seduta.
La Psicoterapeuta Cuneo Dr.ssa Silvia Parisi, generalmente predilige un tipo di terapia e consulenze presenziali, in quanto ritiene che la terapia sia più efficace e permette di creare prima un'alleanza terapeutica tra paziente e psicoterapeuta, ma a seconda delle particolari esigenze o dal tipo di problematica presentato dal paziente può effettuare anche consulenze online o telefoniche, per ulteriori informazioni potete contattarmi ai miei riferimenti telefonici.
La psicoterapia è una parte della psicologia che si occupa della cura dei disturbi della mente. Sono moltissime infatti le persone che soffrono di un disturbo psicologico, ed in particolare di qualche forma di nevrosi. Le nevrosi sono problemi di gravità media e bassa che non presentano corrispondenze organiche, ossia non sono causate né da lesioni cerebrali né da altre cause visibili. Per questa ragione trattarle con i sistemi medici classici non è sempre possibile, ed è qui che entra in gioco l'intervento psicoterapico.
La psicoterapia è un percorso a due che si sviluppa tra terapeuta e paziente. Esistono anche terapie di gruppo, nelle quali le persone con disturbi simili si ritrovano a discutere insieme delle proprie esperienze insieme al terapeuta. In genere chi soffre di un disturbo abbastanza radicato manifesta comportamenti disadattavi ed è afflitto da pensieri spiacevoli. Chi è afflitto da un disturbo d'ansia, per esempio, verrà continuamente attanagliato da idee che destano preoccupazione e paura, e il suo comportamento sarà a volte irrazionale, fuori dal suo controllo.
Il fine della psicoterapia è quello di costruire un percorso che vede coinvolti paziente e terapeuta; un progetto che condurrà, lentamente, alla individuazione di tutti quei processi di pensiero e dei relativi comportamenti disfunzionali che la persona manifesta. Una volta individuati, questi schemi di pensiero e queste idee possono essere modificati. Per farlo servirà la piena collaborazione del paziente, il quale dovrà trovare dentro di sé le risorse per guarirsi; il terapeuta infatti non gli darà ordini e non gli svelerà misteri, ma lo aiuterà ad indirizzarsi sulla strada della guarigione e lo sosterrà nei suoi tentativi di cambiamento.
Esistono molti tipi di approcci psicoterapici, tutti efficaci; tuttavia essi differiscono l'uno dall'altro per il quadro teorico sul quale si basano e per la diversa prospettiva dalla quale osservano ed interpretano il problema. Esistono per esempio approcci che focalizzano la propria attenzione sui sintomi immediati del disturbo, agendo su di essi per migliorare la vita presente della persona, altri che vogliono andare a fondo e scoprire la causa del disturbo per eliminarla completamente. La scelta della psicoterapia più adatta dipende da ciò che si vuole nel momento in cui si sceglie di usufruire di un aiuto esterno.
Ciò che è importante ricordare è che i disturbi d'ansia presentano un elevato grado di trattabilità, ovvero possono essere curati con successo nella maggior parte dei casi.
I disturbi dell'alimentazione si caratterizzano per l'alterazione del comportamento alimentare e della percezione dell'immagine corporea. Se ne distinguono due: anoressia nervosa e bulimia nervosa.
Anoressia nervosa: l'anoressia nervosa si distingue per un marcato rifiuto a mantenere il proprio peso corporeo al di sopra della soglia minima ritenuta normale rispetto ad età e statura del soggetto (normalmente al di sotto dell' 85% del peso ritenuto idoneo). Il soggetto affetto da anoressia nervosa ottiene la perdita di peso desiderata per mezzo di drastiche diete, condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi) e attività fisica eccessiva. Egli presenta un'intensa paura di acquisire peso, e questa paura non diviene meno insistente con l'avanzamento del decremento ponderale. La visione e considerazione del proprio corpo è distorta: il soggetto ritiene di essere sempre troppo grasso, e si concentra, specchiandosi, su zone quali l'addome o i glutei, considerati enormemente abbondanti.
Anche nel momento di maggior sottopeso, egli non crede di avere un problema, pur scandendo la propria esistenza sulla base di valutazioni del peso, misurazione delle varie parti del corpo e ispezioni allo specchio. I livelli di autostima sono fortemente influenzati dal peso e dalla forma corporea; nelle fasi iniziali del disturbo, infatti, si osserva un incremento della propria autostima collegata alla perdita di peso e alle reazioni positive dell'ambiente. In alcuni casi si manifesta un vero e proprio stato di euforia, accompagnato da sensazione di grande energia mentale e fisica. Dopo poco tempo però si ripropone l'insoddisfazione per il proprio aspetto fisico, a causa della distorsione dell'immagine corporea, e compare il desiderio di dimagrire ulteriormente. Si crea così un circolo vizioso di restrizione alimentare, pressione biologica ad assumere cibo, paura d'ingrassare, restrizione alimentare maggiore con incremento dell'attività fisica o condotte di eliminazione, ulteriore pressione biologica e psicologica all'assunzione di cibo etc. Esistono due tipologie di anoressia nervosa: anoressia nervosa con restrizioni: il soggetto non presenta regolari abbuffate o condotte di eliminazione; anoressia nervosa con abbuffate e/o condotte di eliminazione: il soggetto presenta regolarmente tali condotte.
L'insorgenza dell'anoressia nervosa si verifica generalmente nella prima fase adolescenziale, o in quella intermedia, spesso dopo una dieta od un evento stressante. È circa dieci volte più frequente nei soggetti di sesso femminile rispetto a quelli di sesso maschile Le differenze tra i sessi nella prevalenza del disturbo sembrano essere attribuibili con grande probabilità alla maggiore importanza che per le donne rivestono i parametri culturali di bellezza (che negli ultimi decenni hanno eletto come ideale una forma corporea più che esile). L'anoressia nervosa presenta comorbilità con depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, fobie, disturbo di panico, alcolismo e diversi disturbi di personalità; sembrano probabili anche turbe sessuali (anorgasmia, ridotto desiderio sessuale).
Bulimia nervosa: la bulimia nervosa è caratterizzata da ricorrenti abbuffate, intese come il rapido consumo (ad esempio nell'arco di due ore) di una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone assumerebbe nello stesso intervallo temporale, e contemporanea sensazione di perdere il controllo. In seguito a tale ingestione sono presenti ricorrenti e sproporzionate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso che inevitabilmente seguirebbe l'assunzione di una enorme quantità di cibo, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, digiuno o esercizio fisico eccessivi. Le abbuffate avvengono solitamente di nascosto e in solitudine, possono essere indotte da stress e dai suoi correlati emotivi negativi, da situazioni sociali legate al cibo o da preoccupazioni legate all'aumento ponderale. Spesso sono programmate in anticipo e precedute confusamente da stati d'animo come solitudine, tristezza, noia, ansia o collera l'ingestione di cibo avviene in modo vorace e non permette al soggetto di tenere conto del gusto degli alimenti e della loro gradevolezza.
I disturbi dell'adattamento compaiono in seguito a uno o più eventi stressanti in grado di influenzare la sfera psichica e quella sociale; di solito sono transitori. L'evento o gli eventi traumatici devono essere chiaramente identificabili. A volte accade che situazioni oggettivamente traumatiche non producano segni di sofferenza nelle persone, mentre altre apparentemente modeste sì; l'interazione persona-evento è strettamente soggettiva. L'intensa sofferenza provocata dal disturbo causa una compromissione delle funzionalità della persona a livello relazionale, lavorativo e sociale. Il disturbo deve manifestarsi entro tre mesi dall'evento traumatico e ha una durata non superiore ai sei mesi.
Ogni evento ha con sé una certa potenzialità di indurre una condizione di stress, e nella civiltà occidentale ciò avviene più frequentemente in caso di separazioni affettive e divorzi, morte di una persona cara, problemi di origine lavorativa e malattie. Quando il problema insorge in seguito ad una malattia o al relativo trattamento (che può essere lungo, stressante e invalidante) della stessa, la persona malata mostra segni di disadattamento nei confronti della patologia e il suo funzionamento psicofisico risulta alterato. Se i sintomi perdurano per più di sei mesi si parla di disturbo dell'adattamento cronico. Il disturbo viene classificato inoltre in diversi sottogruppi a seconda della sintomatologia predominante.
Il disturbo dell'adattamento con umore depresso si verifica nel caso in cui la persona manifesti umore depresso, facilità al pianto e sentimenti di perdita della speranza. Quello con ansia è caratterizzato da manifestazioni di irritabilità, preoccupazione, irrequietezza e, nei bambini, dalla paura di essere separati dalle figure alle quali sono attaccati (vedi ansia da separazione). Possono tuttavia manifestarsi sintomi sia depressivi che di ansia; in questo caso si parla di disturbo dell'adattamento misto. Il disturbo di adattamento può anche essere accompagnato da un'alterazione della condotta (vedi disturbo della condotta): in questo caso la persona manifesta violazioni dei diritti degli altri, delle norme e delle leggi della società, ed anche guida spericolata, vandalismo, inadempienza verso le responsabilità.
I disturbi fittizi sono caratterizzati da sintomi fisici o psichici che sono prodotti o simulati intenzionalmente al fine di assumere il ruolo di malato. La valutazione dell'intenzionalità di un certo sintomo viene fatta sia attraverso l'evidenza diretta, sia attraverso l'esclusione di altre cause. I disturbi fittizi vanno differenziati dagli atti di simulazione in cui i sintomi sono sempre prodotti intenzionalmente, ma hanno uno scopo connesso alle circostanze ambientali (per es. i sintomi sono prodotti per evitare obblighi legali, per evitare di sottoporsi a prove, per avere un ritorno economico). La simulazione può essere considerata un comportamento adattivo normale in certe circostanze; al contrario, nei disturbi fittizi la motivazione è il bisogno psicologico di assumere il ruolo di malato, come è dimostrato dall'assenza di incentivi esterni che motivino tale comportamento.
La letteratura è ricca di malanni simulati, basti pensare a Sherlock Holmes nell'avventura del poliziotto morente, dove finge di essere stato contagiato da un moderno e terribile untore, poiché questo appare essere l'unico sistema per indurre il suo rivale ad una piena confessione; oppure ai fratelli Karamazov, dove il malvagio Smerdiakov simula attacchi epilettici a scopo omicida. I disturbi fittizi prendono comunemente il nome di sindrome di Munchausen. L'omonimo barone (1720-1797), dopo anni di servizio nella cavalleria, ormai in ritiro nelle sue terre, amava distrarre gli amici con racconti in cui si attribuiva straordinarie prodezze. Il termine di sindrome di Munchausen fu utilizzato per la prima volta nel 1951 da Lancet per comprendere situazioni caratterizzate dal ripetuto verificarsi di ricoveri ospedalieri per la cura di malattie apparentemente acute, di cui il paziente riferiva una storia e una causa plausibile, ma che si rivelavano tutte false.
Il DSM IV definisce la sindrome come disturbo cronico fittizio con segni e sintomi fisici predominanti. Le patologie fittizie hanno alcune caretteristiche comuni, fra cui:
La storia clinica inventata dalla persona è solitamente credibile e plausibile, anche se i dettagli sono quasi sempre vaghi e inconsistenti. Possono ritrovarsi nella narrazione dell'anamnesi anche atti eroici. I pazienti portano spesso con sé una documentazione clinica molto densa, persino con interventi chirurgici multipli, quasi volessero sfidare le abilità del medico che si trovano davanti. L'età di insorgenza solitamente è quella del giovane adulto. Durante l'ospedalizzazione i pazienti sono tipicamente e particolarmente pignoli, esigenti, ostili e in cerca di attenzione e, a loro volta, ricevono poche visite. Un aspetto comune della patologia fittizia è che i pazienti si sottopongono a esami continui, senza fine e persino a indagini invasive disturbanti, come se ci fosse in loro una sorta di autolesionismo.
Sindrome di Munchausen per procura: in questo caso la malattia viene provocata su un'altra persona. Può accadere per esempio che una madre, spinta dal desiderio di essere al centro dell'attenzione, attribuisca una malattia che in realtà non esiste alla figlia, costringendola ad assumere farmaci e a svolgere continue visite mediche, intaccando realmente la sua salute.
SCHIZOFRENIA: i sintomi caratteristici della schizofrenia comprendono disfunzioni in diversi ambiti di primaria importanza: il pensiero, la percezione e l'attenzione; il comportamento motorio; lo stato affettivo o emozionale nonché il funzionamento nei diversi ambiti dell'esistenza. La gamma dei problemi delle persone a cui viene diagnosticata la schizofrenia è molto estesa, benché tipicamente i pazienti manifestino solo alcuni di questi problemi. Il DSM descrive tre tipi di schizofrenia, in accordo con le diverse sintomatologie mostrate: la schizofrenia disorganizzata, quella catatonica e quella paranoide. Essendo gli effetti della malattia così vari e ampi è stato necessario suddividere i sintomi in positivi e negativi, più altri che non appartengono esattamente ad alcuna di queste due categorie.
I sintomi positivi: comprendono gli eccessi, come l'eloquio disorganizzato, le allucinazioni, i deliri e i comportamenti bizzarri. L'eloquio disorganizzato, conosciuto anche come disturbo formale del pensiero, si riferisce all'incapacità di organizzare le idee e di parlare in modo che un ascoltatore possa comprendere. I discorsi di uno schizofrenico sono incoerenti, i frammenti di pensiero e le immagini non sono connessi e risulta difficile capire esattamente ciò che egli vuole dire. Talvolta l'eloquio è caratterizzato da un allentamento dei nessi associativi o deragliamento, per cui la persona non è in grado di rimanere focalizzata su un argomento e si lascia trsportare alla deriva sulla scia di una serie di associazioni evocate da un'idea proveniente dal passato. Spesso i pazienti schizofrenici riferiscono che il mondo appare loro diverso, in qualche misura, o persino irreale. Alcuni parlano di cambiamenti nel modo di sentire il proprio corpo, oppure la depersonalizzazione (vedi disturbi dissociattivi) può essere tale che il corpo viene percepito come se fosse una macchina.
Le distorsioni più drammatiche della percezione sono le allucinazioni, esperienze sensoriali in assenza di qualunque stimolo ambientale. Le allucinazioni di tipo uditivo sono assai più frequenti di quelle di tipo visivo. Le più comuni sono quelle che si riferiscono ad una voce che ripete i pensieri della persona, o a voci che litigano fra loro. I deliri sono invece convinzioni contrarie alla realtà dei fatti. Lo schizofrenico ne soffre in quanto non si rende conto della sua condizione; egli appare assolutamente inconsapevole di ciò che gli succede e ritiene che sia tutto normale (Amador e altri, 1994). Egli è convinto di essere suo malgrado il bersaglio di un agente esterno che gli impone determinate sensazioni, oppure che i suoi pensieri vengano emanati e che gli altri possano venirne a conoscenza.
I sintomi negativi: comprendono i deficit comportamentali, come l'abulia, l'alogia, l'anedonia, l'appiattimento dell'affettività e l'asocialità. L'abulia, o apatia, è una mancanza di energia e un'apparente assenza di interesse per quelle che sono le consuete attività quotidiane. I pazienti possono trascurare l'abbigliamento e l'igiene personale, i capelli sono spettinati, le unghie sporche, i denti non lavati. Inoltre essi mostrano grande difficoltà nel portare avanti le attività lavorative, scolastiche o domestiche e trascorrono gran parte del tempo sedendo qua e là senza far nulla. L'alogia è un disturbo negativo del linguaggio che può assumere diverse forme. Nella povertà di eloquio la quantità di linguaggio prodotto è fortemente ridotta; nella povertà di contenuto dell'eloquio la quantità di eloquio è adeguata ma trasmette poche informazioni e tende ad essere vaga e ripetitiva. L'anedonia è una perdita di interesse o di piacere; si manifesta come mancanza di interesse nelle attività ricreative, incapacità di sviluppare rapporti stretti con le altre persone e mancanza di interesse per l'attività sessuale.
Gli schizofrenici che presentano un appiattimento dell'affettività invece, non reagiscono praticamente a nessuno stimolo. Hanno lo sguardo vuoto, i muscoli del viso totalmente inespressivi, gli occhi privi di vita. Quando si rivolge loro la parola rispondono con un tono di voce piatto e incolore. Il concetto di appiattimento dell'affettività si riferisce solo all'espressione esterna delle emozioni e non all'esperienza interiore del paziente, che a volte non è affatto impoverita. Alcuni pazienti schizofrenici presentano anche gravi compromissioni nei rapporti sociali; hanno pochi amici, mediocri abilità sociali e sono scarsamente interessati a stare insieme alla gente.
Schizofrenia disorganizzata: è caratterizzata da un eloquio disorganizzato che rende difficile all'ascoltatore seguire i discorsi della persona. Il paziente può inventare parole nuove, può ridere senza motivo o cadere in improvvisi attacchi di pianto. Il suo comportamento è disorganizzato e non finalizzato ad uno scopo; per esempio, può legarsi un nastro intorno all'alluce o muoversi senza posa, indicando degli oggetti senza alcuna ragione apparente. Inoltre non cura assolutamente il suo aspetto, non si lava, non si pettina e non cura l'igiene orale.
Schizofrenia catatonica: i sintomi più evidenti sono quelli riguardanti l'attività motoria. Nei pazienti catatonici si alternano stati di immobilità fisica a stati di sfrenato eccitamento, ma possono predominare i sintomi motori dell'uno o dell'altro stato. I catatonici resistono alle istruzioni e ai comandi e spesso ripetono a pappagallo (ecolalia) una parola o una frase appena pronunciata da un'altra persona. Gli arti del catatonico in stato di immobilità possono presentare rigidità e gonfiore; malgrado l'apparente stato di totale oblio, il paziente è a volte in grado di riferire tutto quello che è successo durante lo stupor catatonico. Nello stato di eccitamento catatonico egli può gridare e parlare in maniera incessante e incoerente, continuando nel frattempo a camminare avanti e indietro con grande agitazione.
Schizofrenia paranoide: l'elemento cruciale è la presenza dei deliri. I deliri di persecuzione sono i più frequenti, ma sono comuni anche deliri di grandezza, nei quali il paziente manifesta un senso esagerato della propria importanza, del proprio potere, della proprie conoscenze e della propria identità. Alcuni soggetti sono tormentati da deliri di gelosia, cioè dalla convinzione, priva di fondamento, che il loro partner sessuale sia infedele. Ai deliri possono accompagnarsi vivide allucinazioni uditive. Inoltre accade di frequente che tali soggetti sviluppino idee di riferimento; essi incorporano eventi ordinari all'interno di un sistema delirante e leggono un significato personale nelle più comuni attività altrui. Per esempio, pensano che frammenti di conversazioni colti per caso si riferiscano a loro, che la frequente presenza di una certa persona in una strada che essi percorrono abitualmente significhi che sono sorvegliati, e che quello che vedono in televisione o leggono sulle riviste in qualche modo faccia riferimento a loro. Gli schizofrenici paranoidi sono agitati, polemici, irascibili e talvolta violenti.
E-mail: silvia.parisi@email.it